Quando l’ingiustizia diventa legge, la resistenza diventa dovere

Peccato che al coronavirus non possiamo sparare, altrimenti avremmo già vinto!

Posted: Giugno 2nd, 2020 | Author: | Filed under: News | Tags: , , , , | Commenti disabilitati su Peccato che al coronavirus non possiamo sparare, altrimenti avremmo già vinto!

In un paese, il nostro, in cui è presente una sola azienda che produce ventilatori polmonari, ma 231 che fabbricano armi, la retorica della guerra al Covid-19 ha trovato linfa adatta di cui alimentarsi. E, non appena identificato a Codogno il paziente 1 affetto da coronavirus, il linguaggio mainstream è immediatamente entrato in guerra. L’Italia, come tutti gli altri Stati, ha dichiarato “guerra al Covid19”, “nemico” invisibile da combattere, le terapie intensive sono diventate “trincee” dove medici e infermieri lavoravano ininterrottamente, l’approvvigionamento di mascherine è stato trasformato in “economia di guerra”, qualcuno ha paventato che fosse necessario un cambio di mentalità “come in tempi di guerra” e per la fase 3 da più parti si parla di “ricostruzione”  e di “dopoguerra” come nelle situazioni post belliche.

E, come in tutti gli scenari bellici che si rispettino, il lockdown globale non ha arrestato la produzione e il commercio di armamenti, considerati “beni di apicale importanza”. Non si è arrestata a Cameri la linea di  produzione dei cacciabombardieri nucleari del programma F35 della Lockheed Martin; non ha fermato la produzione destinata all’export bellico la Beretta, pur convertendo, più per pubblicità che altro, alcune stampanti alla produzione di valvole in 3D per le terapie intensive. Non si sono fermati i traffici internazionali di materiale bellico destinato alle guerre sporche, come ci hanno mostrato i portuali di Genova che hanno bloccato lo scarico della nave saudita con nella stiva decine di blindati Hercules di fabbricazione statunitense diretti verso le guerre in Medio Oriente.

Tutte le maggiori industrie di armi dei gruppi Leonardo e Fincantieri sono a partecipazione statale, ma di fronte a un’emergenza di proporzioni mai viste nessuna linea di produzione di materiale bellico è stata riconvertita per la realizzazione di materiale sanitario; d’altro canto nel corso degli anni abbiamo visto come l’aumento delle spese militari sia sempre stato proporzionale alla diminuzione delle spese per la sanità e il welfare.

La spesa militare italiana, aumentata di oltre il 6% rispetto al 2019 ha superato i 26 miliardi di euro su base annua, equivalenti a una media di 72 milioni di euro al giorno. Ma, in base all’impegno preso dal nostro paese nella Nato, essa dovrà continuare a crescere fino a raggiungere una media di circa 100 milioni di euro al giorno, mentre occorreranno enormi risorse per affrontare le conseguenze sociali ed economiche della crisi del coronavirus a partire dalla disoccupazione.

Il Covid-19, tra le mille contraddizioni del nostro vivere che ha messo in evidenza, ci ha sbattuto in faccia una verità: non sono le armi e gli strumenti militari a garantire la sicurezza, che deve essere invece realizzata attraverso tutte quelle iniziative che salvaguardano la salute, il lavoro, l’istruzione e l’ambiente.

Se il coronavirus quest’anno ci risparmia le parate terrene del 2 giugno con cui lo stato ogni anno celebra se stesso trasformando la nascita della repubblica nella festa delle forze armate, la retorica patriottica solca comunque i cieli con le Frecce Tricolori che sorvolano per cinque giorni su tutto il paese, a partire dalle aree più colpite dalla pandemia, per dare un segno di “ripresa”.

Le piazze del 2 giugno sono state “prenotate” della destra italiana con le loro mascherine tricolori. La festa della repubblica, a dispetto di chi ha combattuto per renderla vera, è sempre stata appannaggio della destra italiana sia essa istituzionale (forze armate, presidenza della repubblica, capi di stato e di governo) che eversiva (nazionalisti di ogni risma ai quali si sono uniti negli ultimi anni gli autonomisti padani). A noi, gli antimilitaristi, gli antifascisti, i pacifisti, gli ecologisti, è sempre stato assegnato il retro-palco: scortati (se non attaccati) dalla polizia.

Non c’è nulla da riprendere: c’è da far sentire il dissenso nei confronti un modello di sviluppo che privilegia l’economia alla salute e affermare ancora una volta che possiamo fermare le guerre solo eliminando gli stati nazionali, le frontiere, gli eserciti e con la riconversione della spesa militare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Ex caserma Mazzoni: un progetto insostenibile

Posted: Maggio 31st, 2020 | Author: | Filed under: News | Tags: , , , | Commenti disabilitati su Ex caserma Mazzoni: un progetto insostenibile

195 nuovi appartamenti,  un centro direzionale commerciale, 20 appartamenti in social housing, una scuola secondaria, la trasformazione di via delle Armi a doppio senso, l’abbattimento di 101 alberi, il passaggio previsto di 1085 veicoli al giorno: questo è l’avveniristico progetto di riqualificazione dell’ex caserma Mazzoni pensato dallo Studio Tasca (lo stesso dell’altrettanto avveniristica e incompiuta Trilogia del Navile) e fatto proprio dall’amministrazione comunale.  La proprietà dell’area (“bene comune”) è ora di CDP Investment SGR che sta per Cassa Depositi  e Presiti – Società Gestione Risparmio.

I dati del 2019 parlano di 7000 appartamenti sfitti a Bologna, che salgono a 12.000 se si considera tutto il territorio provinciale: non c’è nessuna necessità, quindi, di nuovi alloggi; il progetto, fatto senza nessuna pianificazione urbana, intesa come lavoro di valutazione delle reali esigenze, è sostanzialmente un’enorme speculazione immobiliare, che non tiene minimamente conto del contesto in cui viene calata.

Tra le infinite parole sprecate per “vendere” il progetto, si dice tra l’altro che si tratta di una nuova opera architettonica, ma, se prendiamo per buona questa affermazione, a maggior ragione va recuperata la nozione di “contesto” come fatto culturale per la costruzione dell’architettura e l’idea di “relazione” che il progetto dovrebbe istituire con la realtà circostante in termini di modifica e di interazione.

L’aumento stratosferico di  mobilità privata, i nuovi  consumi energetici e di produzione di CO2 delle nuove torri di otto piani, le nuove sovraesposizioni di particolato atmosferico inquinante, non sono certo fattori di interazione con il contesto, bensì elementi di deturpazione ambientale e urbana, di aggravamento dell’inquinamento atmosferico e acustico, di nuovo consumo del suolo e di oggettivo aumento della rendita parassitaria fondiaria, fenomeno costitutivo del DNA della speculazione immobiliare.
Nessun punto di contatto quindi con quell’idea di urbanistica come capacità di porsi in relazione per comprendere, criticare e trasformare in “architettura” proprio il mondo reale delle cose, partendo dal recupero e dal riuso dell’esistente.

Ci viene in soccorso il sociologo urbanista Henri Lefebvre, che nel suo “Il diritto alla città” (Ombre Corte, 2014) ci ricorda come questo diritto corrisponda alla possibilità di sperimentare una vita urbana alternativa alle logiche di accumulazione del capitale. “Il diritto alla città si presenta come forma superiore dei diritti, come diritto alla libertà, all’individualizzazione nella socializzazione, all’habitat e all’abitare. Il diritto all’opera, cioè all’attività partecipante, e il diritto alla fruizione, ben diverso dal diritto alla proprietà, sono impliciti nel diritto alla città”. L’esercizio di tale diritto passa attraverso la rottura dei meccanismi di omologazione della vita quotidiana e una riappropriazione dei tempi e degli spazi del vivere urbano, che richiede una nuova configurazione delle relazioni sociali, politiche ed economiche. “Il nostro principale compito politico – scrive Lefebvre – consiste allora nell’immaginare e ricostruire un modello di città completamente diverso dall’orribile mostro che il capitale globale e urbano produce incessantemente”. Come definire se non mostruoso un piano che prevede l’edificazione di 94.000 mc di cemento armato, tutto in verticale, articolato in sette torri di otto piani ciascuna in uno spazio di quattro ettari, disboscato di un centinaio di alberi quasi secolari, di cui solo nove in cattive condizioni fitosanitarie?

Un’ultima riflessione riguarda i rischi di infiltrazioni mafiose nell’esecuzione del progetto. E’ noto con quale facilità la criminalità organizzata entri nelle realizzazioni edilizie attraverso i collaudati meccanismi dei subappalti e subaffidamenti di ogni genere e con subcontratti di forniture di materiali, attività di movimento terra, guardiania di cantiere e trasferimento in discarica dei materiali. Per la realizzazione del comparto è indubbio che occorrano ingenti capitali e fior fior di fidejussioni a garanzia: solo chi ha abbondanza di capitali da riciclare come le mafie potrebbe sedersi al tavolo dell’abbuffata, soprattutto in una fase di crisi economica come questa conseguente alla pandemia, che ha reso ancor più insostenibile il progetto.

L’ex caserma Mazzoni è un bene che appartiene alla collettività e alla collettività va restituito: vogliamo che ci sia il riutilizzo delle strutture esistenti per la creazione di servizi pubblici di quartiere, scolastici, civici e sanitari, che rappresentano la reale necessità sul territorio. Un esempio su tutti: il poliambulatorio Mazzacorati, unico presidio sanitario in zona, è ospitato da una struttura estremamente datata, inadatta a garantire oggi un’adeguata ed efficiente medicina territoriale. Vogliamo un’area verde pubblica, più alberi e piste ciclabili, zero cemento e nessun incremento del traffico in quartiere.

Quando la città si dissolve nella metamorfosi planetaria  (Henri Lefebvre)


Piazza della Loggia, 28 maggio 1974

Posted: Maggio 28th, 2020 | Author: | Filed under: News | Tags: , , , | Commenti disabilitati su Piazza della Loggia, 28 maggio 1974

Il Freccianera 5040, partito da Milano il 12 dicembre 1969 per arrivare a Bologna il 2 agosto 1980, ha fatto tappa a Brescia martedì 28 maggio 1974. Arrivo puntuale alle 10.12 in un cestino della spazzatura posizionato sotto gli archi di piazza della Loggia quand’era in corso una manifestazione indetta dal “Comitato permanente antifascista” per protestare contro una serie di episodi di violenza di matrice fascista avvenuti nella zona negli ultimi due anni.  Una potente esplosione lacera un cielo già plumbeo di pioggia: otto persone muoiono, più di cento rimangono ferite.

Nei primi mesi del 1974 l’atmosfera a Brescia, come in tutto il paese, non era per nulla serena, segnata dal clima pesante delle forti tensioni sociali. In città furono ritrovate diverse bombe di esplicita marca fascista e solo pochi giorni prima, nella notte tra il 18 e il 19 maggio, uno studente di estrema destra, Silvio Ferrari, era morto in seguito all’esplosione di un ordigno da lui stesso trasportato sul suo motorino, non è chiaro se per sua imprudenza, per un difetto tecnico dell’ordigno, o per precisa volontà di chi gliel’aveva consegnata. In quel mese di maggio, inoltre, Brescia era al centro dell’attenzione perché dal suo tribunale era partita l’inchiesta contro il MAR Movimento armato rivoluzionario di Carlo Fumagalli.  In quel periodo l’Italia era scossa dal susseguirsi degli attentati di matrice fascista a sugellare quella strategia eversiva volta a creare nella popolazione uno stato di tensione e paura tale da giustificare o addirittura auspicare svolte di tipo autoritario: 1970 strage di Gioia Tauro, 1972 strage di Peteano, 1973 strage alla Questura di Milano. Pochi  mesi dopo, nell’agosto 1974, sarebbe stata la volta della strage dell’Italicus.

Come per tutte le stragi fasciste che hanno insanguinato il nostro paese, anche per quella di piazza della Loggia subito dopo l’attentato ebbe inizio la danza dei depistaggi, aperta con un coup de théatre del vice questore Aniello Diamare che dispose il lavaggio della piazza da parte degli idranti dei vigili del fuoco per “evitare la vista del sangue e lo sgomento che tale spettacolo rinnova nei cittadini”. L’acqua lavò via ogni possibile indizio. Una sconcertante operazione di pulizia, che consentì ad Aniello Diamare la promozione a questore, e che aprì la lunga serie di circostanze che nel corso delle indagini hanno evidenziato il coinvolgimento dei servizi segreti e di apparati dello Stato nella vicenda.

La prima indagine avviata si concluse nel 1979 con la condanna di alcuni esponenti dell’estrema destra bresciana, ma nel 1982 nel giudizio di secondo grado le condanne vennero commutate in assoluzioni, che vennero a loro volta confermate nel 1985 dalla Corte di cassazione.
Nel 1984, a seguito delle rivelazioni di alcuni pentiti, si aprì un secondo filone di indagine contro alcuni rappresentanti della destra eversiva. Ma anche qui gli imputati furono assolti in primo grado per insufficienza di prove e prosciolti in appello con formula piena. Si aprì una terza istruttoria che rinviò a giudizio i sei imputati principali: Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi, Maurizio Tramonte (esponenti di spicco di Ordine Nuovo) Pino Rauti, Francesco Delfino e Giovanni Manfredi: nel 2010 la Corte d’Assise emise la sentenza di primo grado con cui assolveva tutti gli imputati, due anni dopo la sentenza venne confermata in appello. Nel 2014 la Corte di Cassazione annullò le assoluzioni di Maggi e Tramonte (ex fonte “Tritone” dei servizi segreti) contro cui venne aperto un nuovo processo d’appello che nel 2015 li condannò all’ergastolo, condanna definitivamente confermata dalla Cassazione nel 2017.

Dopo 43 anni, quindi, e sempre in maniera insufficiente per quanto riguarda il ruolo degli apparti dello Stato e dei servizi segreti italiani e statunitensi e della Nato, anche la magistratura stabilisce la matrice fascista della strage . “Tutte le stragi che hanno insanguinato l’Italia appartengono a un’unica matrice organizzativa”, si legge nella sentenza. Il che di fatto delinea perfettamente l’intreccio di interessi e  protagonisti delle stragi che hanno segnato la storia recente del nostro paese: ci sono settori delle forze armate, settori delle forze dell’ordine, buona parte dei carabinieri, settori della politica, della massoneria e dell’imprenditoria. C’è un importante partecipazione dei servizi segreti italiani e stranieri, soprattutto americani. E viene fatta luce sugli esecutori concreti degli attentati, che sono gli ambienti neofascisti e neonazisti di Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale e degli altri piccoli gruppi che ruotano attorno a loro.


Vietato chiedere elemosina!

Posted: Maggio 7th, 2020 | Author: | Filed under: News | Tags: , , , | Commenti disabilitati su Vietato chiedere elemosina!

La crisi in atto, legata alla pandemia, ha fatto emergere certamente nuove solidarietà e riattivato energie che, troppo spesso, negli ultimi anni parevano sopite. Però ha messo in luce anche l’inadeguatezza a gestire la situazione di tanti solerti funzionari, alla cui discrezione è stata lasciata l’applicazione di norme spesso confuse e poco chiare.

A pagare le conseguenze di una rigidità fuori luogo è stata ieri mattina una signora, solita sostare in via Murri dove chiede qualche spiccio e soprattutto qualcosa da mangiare. I vigili urbani la hanno multata perché stava “arrecando disturbo ai passanti, sedendosi per terra e occupando suolo pubblico”.

Mentre le aziende continuavano a produrre, facendosi beffe delle norme che imponevano la chiusura, anche quando il contagio ha toccato i picchi, divenendone luoghi di trasmissione, spesso, a essere colpiti da atteggiamenti repressivi sono stati gli ultimi, coloro che non avevano altro modo per sopravvivere se non uscire, nonostante i rischi. Come è accaduto ieri mattina.

Ringraziamo i compagni dell’associazione Ya Basta, che, grazie a un volontario delle “Staffette alimentari partigiane” che si trovava a passare, hanno denunciato e fotografato l’episodio, perché sono fatti come questo che mettono a rischio e potrebbero vanificare il lavoro di tanti solidali, che si sono attivati in città per aiutare chi, più di altri, sta pagando le conseguenze della crisi in atto.

Abusi e azioni repressive non solo sono inutili, ma portano alla costruzione di una società autoritaria che disprezza i più deboli. E noi, a questo modello di società, ci opporremo sempre. Anche denunciando episodi come questo.


Portella della Ginestra fu una strage di Stato

Posted: Maggio 1st, 2020 | Author: | Filed under: News | Tags: , , , , , , | Commenti disabilitati su Portella della Ginestra fu una strage di Stato

Il 1° maggio 1947 una folla di contadini, donne, uomini, bambini, anziani si riunì a Portella della Ginestra per manifestare contro il latifondismo e festeggiare la Festa dei Lavoratori, la prima che si tornava a festeggiare in quella data dopo che il partito fascista ne aveva spostato la ricorrenza al 21 aprile. In Sicilia il Blocco del Popolo, un’alleanza tra socialisti e comunisti, aveva da poco vinto le elezioni regionali. All’improvviso diverse raffiche di mitra raggiunsero la folla, uccidendo 11 persone e ferendone 27.
Le prime indagini si concentrarono sulla mafia e portarono all’arresto di centinaia di mafiosi. Le cose cambiarono quando passarono nelle mani di un ex repubblichino di Salò richiamato in servizio. I mafiosi furono rimessi in libertà. La Corte d’Appello di Palermo rinviò contemporaneamente a giudizio i componenti della banda di Salvatore Giuliano, scagionando la mafia. Fu il primo risultato di un patto fra mafia e istituzioni con lo scopo di destabilizzare il nuovo equilibrio politico della regione, rovesciare la neonata Repubblica e instaurare un nuovo governo autoritario.

E’ la prima di una lunga serie di stragi con esecutori individuati e mandanti ancora ignoti.

Sono sicura che c’era chi quel giorno sapeva quello che sarebbe accaduto, infatti mentre salivamo in festa un signore ci disse: “State salendo cantando e scenderete piangendo”. (testimonianza di Concetta Moschetto).
Così, agli uomini, si presenta il destino: con voce che accusa chi è stato ucciso.
Il destino lo chiamano in causa coloro che non vogliono sia dato un nome agli assassini.
A Portella non fu destino. Fu omicidio premeditato. Come lo sarà per le stragi che seguiranno.
Loriano Macchiavelli, Noi che gridammo al vento, Einaudi, 2015, pag. 315

Il 2 agosto 2017 organizzammo con il Nodo Sociale Antifascista il reading La strategia delle stragi non è mai finita per riannodare alcuni fili della memoria mettendo in evidenza la connessioni tra “trame nere”, mafia e apparati dello Stato: Portella della Ginestra, Piazza Fontana, Italicus, omicidio di Fausto e Iaio, 2 agosto e Uno Bianca.

Qui l’audio della serata con il contributo, tra gli altri,  di Loriano Macchiavelli


Pino Pinelli, la staffetta del ticinese

Posted: Aprile 26th, 2020 | Author: | Filed under: News | Tags: , , , , , , | Commenti disabilitati su Pino Pinelli, la staffetta del ticinese

Il secondo appuntamento del percorso di avvicinamento al prossimo 2 agosto organizzato con il Centro studi Lorusso-Giuliani, che abbiamo voluto chiamare “5040 Freccianera. Milano-Bologna. La stagione delle bombe“, sarebbe stata una chiacchierata con Paolo Pasi, autore di Pinelli, una storia (Elèuthera, 2019).

Il lockdown ci ha costretti a rinviare, per ora,  tutte le iniziative in programma, ma non ad abbandonare il percorso con cui vogliamo arrivare al quarantennale della strage della Stazione di Bologna con un approfondimento sul periodo più buio della nostra storia recente, consapevoli che le trame neofasciste e neonaziste non mancano ancora oggi di trovare appoggi per inquinare pericolosamente la vita del paese.

Qui Paolo Pasi, in occasione di questo insolito 25 aprile,  legge un estratto del secondo capitolo del suo libro, dove racconta l’eperienza di Pinelli come staffetta partigiana

 

 

 


25 aprile 2020

Posted: Aprile 25th, 2020 | Author: | Filed under: Iniziative | Tags: , , , , , | Commenti disabilitati su 25 aprile 2020

Difficile festeggiare questo 25 aprile. Più difficile che mai. Normalmente lo facciamo dando vita a un giorno di lotta, di partecipazione a cortei, in cui cerchiamo di attualizzare la Resistenza in nuove e necessarie resistenze allo sfruttamento e al dominio.

Il 25 aprile 2020 è segnato dalla situazione che tutte e tutti conosciamo. Sentiamo il peso di quelle centinaia di morti al giorno che accrescono un conteggio senza fine, ma che non sono numeri, sono persone, vite, affetti. La nostra resistenza quest’anno è quindi innanzitutto responsabilità che prende concretezza nella solidarietà verso l’altro e nella libertà come visione e sentimento sociale, di tutt*.

L’epidemia Covid-19 sta facendo emergere le contraddizioni strutturali del modello di sviluppo drogato in cui viviamo (uno sviluppo senza progresso?) e delle politiche piegate alla logica del profitto, della competizione e dello sfruttamento, il cui risultato più tragico è lo sfacelo criminale dei sistemi sanitari tagliati, regionalizzati, privatizzati.

Eppure oggi più che mai dobbiamo rimettere in campo forme di resistenza e di lotta: la crisi economica che si è abbattuta su tutte e tutti noi rischia ancora una volta di essere pagata dai più poveri, dagli esclusi, dai precari, dai lavoratori in nero, dai reclusi, dai migranti, ecc. A questo dobbiamo opporci in nuove e incisive forme che abbiano come modello la Resistenza, il resistere, allora come oggi, per dare vita a un mondo diverso, cooperativo perché non competitivo, libero perché senza confini né barriere, basato sul rispetto dell’altro e della natura, che garantisca a tutt* una vita degna. Dobbiamo opporci a tutto ciò per dare vita a una nuova Liberazione.

Lapide ai partigiani, scuole “C. Tambroni”, Via Murri, Bologna


25 aprile 2020 – Da casa lungo le strade del Pontevecchio

Posted: Aprile 21st, 2020 | Author: | Filed under: Iniziative, Trekking antifascisti | Tags: , , , , , , , | Commenti disabilitati su 25 aprile 2020 – Da casa lungo le strade del Pontevecchio

Fra il 1943 e il 1945 il Pontevecchio, pur collegato alla città, costituiva quasi un rione a sé stante molto popolare, abitato prevalentemente da operai e braccianti, dove la diffusione di idee antifasciste era iniziata già nei primi anni Venti.  Durante la guerra di liberazione le famiglie del Pontevecchio diedero un contributo importante in termini di donne e uomini attivi nelle formazioni partigiane della città, della provincia e di altre zone italiane, in particolare nelle unità resistenti in Veneto. Nella zona si costituì una fitta rete di basi e punti di riferimento e di incontro per lo sviluppo dell’attività clandestina dei partiti, dei Gruppi di difesa della donna e del Fronte della gioventù.

Il Coordinamento antifascista Murri ha percorso le strade del Pontevecchio con un Trekking Antifascista Urbano, molto partecipato, per scoprire alcuni dei luoghi più significativi per il movimento partigiano della zona. Siamo partiti dalla stazione di San Ruffillo, dove tra il 10 febbraio e il 31 marzo 1945 i nazifascisti uccisero 94 persone prelevate dal carcere di San Giovanni in Monte, nel tentativo di terrorizzare i civili e di controllare i territori immediatamente a ridosso della linea Gotica. Lungo il percorso abbiamo incontrato la lapide di Alceste Giovannini in via Longo, ci siamo soffermati al giardino Renata Viganò, abbiamo ricordato la partecipazione dei partigiani del Pontevecchio alla Resistenza veneta davanti al monumento di piazza Belluno. Nel ricordo di Tito Grazia “Corsaro” a cui è intitolato il centro sociale della Lunetta Gamberini, abbiamo attraversato le strade del quartiere scoprendo monumenti e basi partigiane che testimoniano la grande partecipazione degli abitanti alla lotta di liberazione.

Era il 24 novembre 2019.

Questo è il nostro contributo per 25 aprile 2020, diverso dal solito, in cui non possiamo essere in piazza e in cui le nostre maggiori preoccupazioni sono rivolte alle conseguenze sanitarie e sociali della pandemia. Non possiamo essere in piazza, quindi riaffermiamo con forza, in rete e dai balconi delle nostre case, il valore della Liberazione del nazifascismo e rinnoviamo la volontà di batterci per una società più giusta e libera diffondendo i testi che abbiamo letto in quella occasione e mettendo a disposizione l’audio (che parte dalla tappa di via Longo) di quella bella giornata.

Ora e sempre Resistenza!
Coordinamento antifascista Murri
murri@inventati.org

  1. Qui l’audio
  2. Tappa 4
  3. Tappa 5
  4. Tappa 7
  5. Tappa 8
  6. Tappa 8bis
  7. A Tito Grazia

 

 

 


5040 – Freccianera Milano-Bologna. La stagione delle bombe. – Depistaggi

Posted: Febbraio 7th, 2020 | Author: | Filed under: Iniziative | Tags: , , , , , , | Commenti disabilitati su 5040 – Freccianera Milano-Bologna. La stagione delle bombe. – Depistaggi

Da Piazza Fontana alla stazione di Bologna le indagini della magistratura si sono sempre scontrate contro qualcuno che alterava, affermava il falso, negava il vero o taceva.

Qui l’audio della serata

Questa iniziativa fa parte del percorso di avvicinamento al prossimo 2 agosto 5040 Freccianera. Milano-Bologna. La stagione delle bombe.

Il 12 dicembre 1969, cinquant’anni fa, la bomba alla Banca Nazionale dell’Agricoltura apriva una stagione di attentati di mano fascista, che culminava il 2 agosto 1980 con la strage della Stazione di Bologna, di cui ricorre quest’anno il quarantennale. Un disegno eversivo che ha percorso come un Freccianera l’intero paese fermando le lotte di studenti e operai, progettato per seminare disordine e terrore ed evocare sbocchi di tipo autoritario, il cui principale attore fu lo stato: mandante delle stragi, autore del depistaggio, responsabile degli insabbiamenti della verità.

Vogliamo continuare a ripercorrere la narrazione di quel decennio per sottrarlo alla vuota retorica, alle falsificazioni, all’oblio nella consapevolezza che le trame neofasciste e neonaziste non mancano ancora oggi di trovare appoggi per inquinare pericolosamente la vita del paese.

 


Il nero della Lega

Posted: Gennaio 17th, 2020 | Author: | Filed under: Iniziative | Tags: , , , , , | Commenti disabilitati su Il nero della Lega

Serata molto partecipata al centro sociale Villa Paradiso per la presentazione de Il libro nero della Lega con gli autori Giovanni Tizian e Stefano Vergine.

Qui l’audio della serata